Due serie Tv al centro del “punto streaming” settimanale della Commissione nazionale valutazione film Cei e dell’agenzia Sir. Due produzioni da industrie-culturali diverse, Stati Uniti e Germania, con linee di racconto accomunate però da alcuni temi-polarizzazioni ricorrenti come giustizia-criminalità, bene-male, egoismo-solidarietà, e in generale un focus sul rapporto padre-figlio. La prima è la miniserie drammatica “Your Honor” in onda dal 24 febbraio su Sky-NowTv con protagonista Byan Cranston, un legal thriller dove un giudice integerrimo sconfina nell’illegalità pur di salvare il proprio figlio. Su Netflix c’è invece la prima stagione della serie “Tribes of Europa”, giocata sul binario fantascienza a sfondo apocalittico: adolescenti in un selvaggio futuro distopico con richiami a “Divergent”, “Hunger Games” come pure a “Il Trono di Spade”. A produrla sono i creatori della serie “Dark”.
“Your Honor”
Sono state rilasciate dal 24 febbraio su Sky Atlantic e NowTv le prime due puntate della miniserie “Your Honor” (in tutto dieci episodi), adattamento statunitense targato ShowTime della serie israeliana “Kvodo” (2017). Protagonista di questa versione a stelle e strisce è l’attore Bryan Cranston, noto al grande pubblico per “Breaking Bad” (2008-2013) come pure i film “L’ultima parola. La vera storia di Dalton Trumb” (2015) e “Last Flag Flying” (2017).
La storia di “Your Honor”. New Orleans oggi, Michael Desiato (Cranston) è un giudice con una lunga e solida carriera. Fa il suo lavoro in maniera appassionata e tenendo una condotta inappuntabile. È rimasto da poco vedovo e ha in casa un figlio adolescente, Adam (Hunter Doohan); il giorno della ricorrenza della morte della donna, Adam investe accidentalmente con la sua auto un motociclista. Adam scende dalla macchina e si avvicina a prestare soccorso, ma subito entrando nel panico e fugge via. Dopo un sofferto confronto con il padre, entrambi decidono di recarsi alla polizia per denunciare l’accaduto, assumendosi ogni responsabilità. Prossimi all’ingresso della stazione di polizia il giudice Desiato scopre però che Adam ha investito il figlio adolescente di un potente boss malavitoso, Jimmy Baxter (Michael Stuhlbarg). A quel punto il giudice Desiato decide di mentire, di coprire l’accaduto aprendo alla menzogna, alla corruzione del male, pur di proteggere il suo Adam.
Possiede grande tensione narrativa la miniserie “Your Honor”, a giudicare almeno dai primi due episodi diffusi. Un legal thriller serrato a sfondo psicologico che mette al centro del racconto il rapporto padre-figlio, stretto nel crocevia tra giustizia e illegalità. Un giudice che nell’aula di tribunale applica in maniera attenta e meticolosa la legge, ma fuori di essa si scopre fragile e fallace, al punto da arrivare a perdersi. Non per egoismo, ma per amore. Già destabilizzato dalla morte della moglie (le circostanze rimangono per ora misteriose), l’integerrimo giudice non regge alla notizia traumatica che gli rivela il suo unico figlio, il suo coinvolgimento nell’uccisione di un coetaneo e in aggiunta l’ingombrante presenza della malavita. Punto nodale del racconto è pertanto tutto nella relazione padre-figlio, da dove si irradia il dissidio verità-menzogna, giustizia-reato. Fino a che punto si può amare e spingersi nel tutelare la propria famiglia? Qual è la linea di confine tra buono o cattivo genitore, tra corretto oppure corrotto? E per quanto si può riuscire a vivere nella menzogna, prima di esserne irreparabilmente travolti? Una tela narrativa intricata, angosciante, che schiude una sequela di interrogativi etici di non poca rilevanza; un dissidio interiore che il protagonista tratteggia con una gamma di espressioni, silenzi o sfoghi emotivi. Un tessuto emozionale incandescente tenuto comunque sotto controllo dal padre-giudice Desiato per salvare le apparenze, per mantenere intatto l’alibi costruito. La regia governa bene il racconto, rendendo viva la suspense, almeno nel corso dei primi episodi visionati, con scelte narrative efficaci e ben dosate. Di certo fa centro l’interpretazione di Bryan Cranston, capace di oscillare in maniera credibile tra verità e menzogna, tra compostezza e smarrimento, tra tenerezza e spietatezza. Alla luce di quanto espresso, la miniserie “Your Honor” è da valutare come complessa, problematica e per dibattiti. Adatta a un pubblico adulto per i temi in campo.
“Tribes of Europa”
Dopo le tre stagioni di “Dark” su Netflix, gli stessi produttori tedeschi si lanciano in un nuovo progetto. È “Tribes of Europa”, dal 19 febbraio sempre su Netflix, serie ideata da Philip Koch, che è alla regia insieme a Florian Baxmeyer. Lo scenario apparentemente è quello di un prodotto per adolescenti e adulti amanti del genere fantastico-distopico. La trama nel dettaglio: Europa 2074, le Nazioni non esistono più; tutto è saltato a causa di una misteriosa e inspiegabile crisi deflagrata nel 2029, riducendo il Vecchio Continente a una realtà abitata da comunità-tribù in una sorta di nuovo Medioevo. Tra queste tribù c’è quella guidata da Jakob (Benjamin Sadler), ritirata nelle foreste dell’ex Germania; con lui ci sono anche i tre figli adolescenti Liv (Henriette Confurius), Kiano (Emilio Sakraya) e Elja (David Ali Rashed). La loro vita viene sconvolta prima dal ritrovamento di un enigmatico cubo elettronico contenente un messaggio di allarme-salvezza per l’umanità, poi dall’improvvisa, feroce, aggressione della tribù dei cosiddetti Corvi.
In uno scenario da realismo apocalittico “Tribes of Europa” potrebbe essere benissimo associata alle saghe letterarie-cinematografiche “Divergent” e “Hunger Games”, e a ben vedere ci sono non pochi punti di contatto a livello di racconto. Come pure, con assoluta furbizia dei creatori, c’è un rifarsi al successo della serie cult “Trono di Spade” (2011-2019, 8 stagioni, targato HBO): ad esempio la sorte dei fratelli costretti a dividersi sin dalla prima puntata, sparpagliati su fronti diversi ed esposti a pericoli che li formeranno e cambieranno irreversibilmente; fratelli costretti a vedere mutilata la loro famiglia, la loro comunità di origine, e a muoversi in uno scenario che richiama un nuovo Medioevo segnato da illegalità, razzie e violenze diffuse. E ancora, il richiamo a “Il Trono di Spade” è soprattutto nell’uso di un linguaggio visivo-narrativo del tutto senza filtri, dunque non poco problematico. Il risultato, però, è ben diverso, dal respiro più corto e prevedibile. Va riconosciuto come la serie “Tribes of Europa” sia confezionata bene, intrigante nelle dinamiche di racconto e dai rimi incalzanti; si rimane infatti facilmente agganciati dalla linea narrativa, che dosa bene suspense e colpi di scena in soli sei episodi. Sul fronte della scrittura si denota, come indicato, qualche debolezza o furbizia fuori controllo. Se la storia giocata su un domani distopico mira di certo a interessare prettamente spettatori adolescenti o adulti appassionati del genere, dall’altro lato determinate soluzioni narrative così esplicite non possono che rendere il prodotto adatto per (soli) adulti. Nell’insieme, la serie “Tribes of Europa” è complessa e problematica, segnata da superficialità.
Articolo disponibile anche sul portale dell’Agenzia SIR
Allegati