In sala “Padre Pio” e “L’invenzione di noi due”, su Disney+ “La ragazza del mare”
venerdì 19 Luglio 2024
Un articolo di:
Sergio Perugini
Dal 70° Taormina Film Festival (12-19 luglio), due titoli in sala. Anzitutto trova finalmente distribuzione “Padre Pio” di Abel Ferrara, film presentato originariamente alla 79a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia, scritto a quattro mani con Maurizio Braucci (“Palazzina Laf”) e interpretato da Shia LaBeouf. Uno sguardo sul santo di Pietrelcina abbinato ai moti di ribellione nell’Italia del 1920: tra tormenti dell’animo e sfide del Paese. Sempre da Taormina l’opera seconda di Corrado Ceron, “L’invenzione di noi due”, adattamento del romanzo di Matteo Bussola con protagonisti Lino Guanciale e Silvia D’Amico. Un viaggio esistenziale-sentimentale di una coppia alla prova del tempo, un amore che cerca di resistere per non implodere. Infine, su Disney+ il film sportivo-ispirazionale “La ragazza del mare” diretto da Joachim Rønning e interpretato da Daisy Ridley: la storia vera della nuotatrice Gertrude “Trudy” Ederle, newyorkese figlia di immigrati europei, che nel 1926 fu la prima donna ad attraversare il canale della Manica. Prodotto da Jerry Bruckheimer, il film è un inno alla libertà e alla rottura delle barriere per le donne. Il punto Cnvf-Sir.
“Padre Pio” (Cinema, 18.07)
“Questo non è un film sui miracoli, bensì su un uomo, Francesco Forgione. Un visionario fin dall’infanzia, un giovane inquieto e dubbioso che lotta per trovare la sua vocazione e il suo posto agli occhi del suo Signore. Ed è un film sul suo arrivo a San Giovanni Rotondo, sulle montagne del Gargano, un luogo di povertà, malattie, disordini politici”. Così nelle note di regia Abel Ferrara presentando il suo ultimo lavoro “Padre Pio”. Il noto autore newyorkese, classe 1951, nel corso di oltre quarant’anni di carriera ci ha abituati a opere di grande tensione e inquietudine, ma anche a lampi di senso. Tra i suoi titoli più incisivi “Il cattivo tenente” (“Bad Lieutenant”, 1992) con Harvey Keitel. Nel suo peregrinare creativo, nei suoi incontri-scontri con la vita, il mondo e il mistero, Ferrara ha sentito l’esigenza di confrontarsi con la figura del santo di Pietrelcina, proponendolo attraverso uno sguardo personale, non scontato e lontano dal facile biografico. A scrivere il copione il sempre bravo Maurizio Braucci, che ha firmato titoli di grande richiamo per temi civili e sociali: “Gomorra” (2008), “La paranza dei bambini” (2019), “Martin Eden” (2019) e “Palazzina Laf” (2023).
La storia. Gargano 1920, dopo la Grande guerra si consuma un duro scontro di rivendicazione mosso da istanze socialiste. I lavoratori agricoli reclamano più diritti, ma l’ordine politico reggente reprime con i fucili il dialogo. In quei confusi e tragici eventi, Padre Pio compie i primi gesti miracolosi sperimentando al contempo i tormenti del Male, allucinazioni e tentazioni.
Il lavoro di Abel Ferrara esplora le direttrici della Storia e gli orizzonti della fede. Si accosta alla figura di Padre Pio con rispetto, scandagliandone soprattutto le “zone d’ombra”, i momenti di visioni e tentazione da parte del Male, sino alla comparsa delle prime stigmate. Con efficacia l’attore Shia LaBeouf (“Borg-McEnroe”, “Megalopolis”) si mette a servizio del personaggio dosando espressività e gestualità. Un lavoro acuto, prudente e misurato. A ben vedere, lo sguardo su Padre Pio è la parte più riuscita del progetto; i raccordi storici, i tormenti sociali della comunità del tempo, risultano un po’ insistiti e didascalici. Consigliabile, problematico, per dibattiti.
“L’invenzione di noi due” (Cinema, 18.07)
L’amore alla prova del tempo e delle sfide della vita. Si può racchiudere così il senso del film “L’invenzione di noi due”, opera seconda di Corrado Ceron (“Acqua e anice”, 2022), dal romanzo omonimo di Matteo Bussola (Einaudi, 2020). Protagonisti Lino Guanciale e Silvia D’Amico, con Francesco Montanari, Paolo Rossi ed Elisabetta De Gasperi. Un viaggio emotivo, a corrente alternata, nella relazione di una coppia sposata da 15 anni, legata dai banchi di scuola delle superiori: la cronaca di un amore spiaggiato, imploso e poi (forse) rigenerato. La storia. Verona, Milo e Nadia si rincorrono dai tempi della scuola. Quando finalmente si ritrovano, lui studente di architettura e lei aspirante scrittrice, l’amore divampa. In poco tempo si sposano e condividono una quotidianità fatta di sogni, ideali, ribellioni e desiderio di genitorialità. La vita, però, gioca spesso anche tiri mancini, e non tutto va secondo le loro aspettative. Questi imprevisti alimentano un senso di incomprensione e solitudine, che piano piano li allontana. Milo, però, non si rassegna a perdere Nadia, al punto da mettersi in gioco con ogni espediente pur di riaccendere la fiamma del loro amore…
A firmare il copione sono lo stesso Bussola con Federico Fava, Valentina Zanella e Paola Barbato. La linea del racconto è di certo interessante: un gioco di sguardi introspettivi tra due trentenni al crocevia di un rapporto di coppia, di un matrimonio, incerti se continuare a percorrere insieme il domani o lasciarsi. Il regista cerca di dare respiro, dinamica, alle pagine del romanzo di Bussola, percorrendo le trame della relazione di Milo e Nadia, ma anche i tornanti dell’animo dei due, che crescendo hanno perso slancio e fiducia. È il racconto di un amore che deve sfidare il delicato passaggio dagli anni verdi, ruggenti, dove tutto è avvertito come facile e possibile, a un legame strutturato, chiamato a fare i conti con la realtà e le sue molte metamorfosi, spesso anche ostili. Non tutti gli snodi appaiono solidi o ben governati, segno di una maturità artistica ancora da compiersi, ma le intuizioni di senso ci sono, come pure una buona cura formale e un riuscito desiderio di usare movimenti di macchina freschi e coinvolgenti. Non scontati. Dal progetto emerge una adeguata cura narrativa e stilistica, cui aderiscono bene i due attori, Guanciale e D’Amico, generosi nel dare spessore e anima ai loro personaggi. Complesso, poetico, per dibattiti.
“La ragazza del mare” (Disney+, 19.07)
Una delle pioniere dello sport femminile, della modernità. È Gertrude “Trudy” Ederle (1905-2003), nuotatrice newyorkese che ha raggiunto primati olimpici e ha compiuto la prima traversata del canale della Manica nel 1926, superando resistenze genitoriali-patriarcali e il machismo del tempo. Il suo coraggio e la sua determinazione sono diventati un’ispirazione per molte. A raccontare la sua vicenda è stato prima un romanzo di Glenn Stout (Rizzoli, 2018) e ora un film “La ragazza del mare” (“Young Woman and the Sea”) diretto da Joachim Rønning (“Maleficent 2”) e prodotto da Jerry Bruckheimer (“Pirati dei Caraibi”, “Top Gun: Maverick”). Protagonista una convincente Daisy Ridley (“Star Wars”, “Assassinio sull’Orient Express”). La storia. New York anni ’20, Trudy è una ragazza gioiosa e determinata, figlia di due immigrati tedeschi. Ama nuotare, ma non le viene permesso dalla famiglia anche perché le disponibilità economiche sono limitate. Forte del sostegno della sorella, Trudy non si arrende e si fa notare nelle principali competizioni sportive. Alla fine, riesce a trovare i finanziatori per compiere l’impresa della vita: essere la prima donna ad attraversare a nuoto il canale della Manica…
Scritto da Jeffrey Nathanson (“Il re leone”, 2019; “Mufasa”, 2024), “La ragazza del mare” è un film di impianto classico, con una struttura narrativa lineare abbastanza prevedibile: un’opera ispirazionale sui temi dello sport, dei diritti e della conquista della libertà, il viaggio di una giovane donna alla ricerca di sé e del proprio posto nel mondo. Da una storia vera, un racconto limpido e lineare, capace di coinvolgere e conquistare. Consigliabile, semplice, per dibattiti.