“L’esito di questa logica della disinformazione è che, anziché avere un sano confronto con altre fonti di informazione, la qual cosa potrebbe mettere positivamente in discussione i pregiudizi e aprire a un dialogo costruttivo, si rischia di diventare involontari attori nel diffondere opinioni faziose e infondate. Il dramma della disinformazione è lo screditamento dell’altro, la sua rappresentazione come nemico, fino a una demonizzazione che può fomentare conflitti”. Nel Messaggio per la 52a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali papa Francesco parla della disinformazione come terreno in cui fioriscono pregiudizi, ignoranza e i germi del conflitto. Funziona bene su questo tema la suggestione che viene dal film “Arrival” (2016) di Denis Villeneuve, che muovendosi all’interno della cornice di fantascienza in verità avanza una riflessione sull’importanza della buona comunicazione, lontana da paure e sospetti. Il film è il quattordicesimo titolo proposto dall’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali e dalla Commissione nazionale valutazione film della CEI per il ciclo dedicato alla Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2018.
Vedere l’altro come possibilità e non minaccia
Ha partecipato in Concorso alla 73ma Mostra del Cinema della Biennale di Venezia “Arrival” di Denis Villeneuve, film candidato a 7 Premi Oscar nel 2017. Si tratta di un potente sguardo sulla società contemporanea, muovendo dalla prospettiva originale della fantascienza; di fatto, è una riflessione poetica e profonda sull’importanza del dialogo, prima soglia di inclusione. Non bisogna lasciarsi ingannare dai confini del cinema di genere, giocato tra thriller e fantascienza; al contrario, Villeneuve compone un’opera dal valore metaforico forte, dove al centro del racconto c’è la comprensione dell’altro. Basandosi sul romanzo “Storia della tua vita” di Ted Chiang, la vicenda proposta da “Arrival” ha luogo negli Stati Uniti di oggi, quando sulla Terra si manifestano dei misteriosi corpi alieni, dei grandi monoliti neri sospesi nell’aria. È subito panico. Si diffonde la paura di una imminente invasione aliena sul nostro Pianeta; in sostanza, uno scenario apocalittico da “guerra dei mondi”. Dal Governo statunitense viene chiama l’esperta di codici linguistici Louise Banks (Amy Adams, bravissima), messa a capo di un team di studiosi e scienziati per scovare un modo di entrare in contatto con la vita alinea. Superato il primo impatto difficile, segnato da profonda tensione, Louise inizia a vedere le cose sotto una luce diversa; scopre infatti dei segnali rassicuranti, persino positivi. Notevole è la ricercatezza narrativa e visiva che contraddistingue il cinema di Denis Villeneuve, regista canadese che ha firmato “La donna che canta” (2010), “Sicario” (2015) e “Blade Runner 2049” (2017); in “Arrival” infrange regole e sviluppi narrativi prevedibili, componendo un’opera stratificata che contiene più di una chiave di lettura: oltre alla minaccia aliena, appartenente al cinema di fantascienza, c’è il tema della comprensione e del dialogo con l’altro. Il regista, attraverso le indagini della protagonista, suscita domande spiazzanti: e se gli alieni fossero portatori di un messaggio di pace e salvezza? “Arrival” si rivela pertanto un sorprendente invito a mettere da parte forme di sospetto o di incomprensione, che sedimentano forme di violenza, per attivare dinamiche di tolleranza e inclusione socio-culturale. Alla base del film “Arrival” troviamo inoltre un importante messaggio a tutela della vita e della procreazione, da cui dipendono le sorti dell’umanità.
Valutazione pastorale della Commissione film Cei
Il regista canadese Denis Villeneuve si è imposto nel panorama internazionale soprattutto con “Sicario” (2015). Il punto di avvio è la fantascienza; l’autore allarga i confini del genere in un’ottica stilistico-narrativa più ricercata e originale. Nel copione si muovono infatti molte sotto-storie che allargano i confini di quella principale. Accanto a una convenzionale vicenda di alieni, Villeneuve inserisce una riflessione sul valore del dialogo nelle relazioni, e sottolinea l’importanza della vita che si rigenera nonostante tutto. Richiami che trovano un forte ancoraggio nella nostra realtà, ovvero un invito a tornare a guardare all’oggi e al domani come tempi di opportunità e non di privazioni. Il tono autoriale emerge nella grande capacità del regista di far andare di pari passo l’azione principale con profonde riflessioni sul destino degli esseri umani. Torna insomma prepotente la domanda sul ‘chi siamo?’ e ‘se c’è un’altra vita oltre a quella terrestre’. Sono interrogativi che accompagnano da sempre la fantascienza e che qui Villeneuve recupera con un forte valore umanistico: la paura della nostra pochezza, il tremore di fronte al mistero dell’infinito e della vita. Con in più l’importante aggiunta della decisiva ricerca dello studio dei segni, della lingua, della comunicazione. Ecco, se non altro, in questo spazio della comunicazione, fattore decisivo di ogni conoscenza, risiede la novità autentica del copione di Villeneuve. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.
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