“Una melanconica dolcezza”. È lo spirito con cui Luca Zingaretti ha affrontato il set dei due nuovi episodi del “Commissario Montalbano”, ovvero “Salvo amato, Livia mia” e “La rete di protezione” in onda su Rai Uno il 9 e il 16 marzo. Uno stato emozionale tra gioia e sofferenza quella che ha avvolto Zingaretti e tutto il cast della serie. Non è passato neanche un anno, infatti, dalla scomparsa del papà letterario del celebre commissario, Andrea Camilleri, come pure del suo papà televisivo, il regista Alberto Sironi; entrambi si sono congedati dalla vita nell’estate del 2019. Proprio nell’anno del ventesimo compleanno di Montalbano.
E così Luca Zingaretti si è caricato dell’onore-onere di portare a termine le riprese, con l’immancabile supporto del produttore Carlo Degli Esposti con la sua Palomar e di Rai Fiction. Ora l’attesa è finita e abbiamo finalmente visto in anteprima “Salvo amato, Livia mia”, il primo dei due film Tv in uscita, tratto dall’omonimo racconto abbinato a un altro testo di Camilleri “Il vecchio ladro”; prima della messa in onda su Rai Uno avrà un’uscita anche al cinema, dal 24 al 26 febbraio, realizzando così un sogno dello scrittore siciliano.
Il mistero dell’archivio
Sono come al solito giornate afose a Vigata, in Sicilia. La calma apparente del commissario Montalbano viene turbata dalla notizia della morte di una giovane archivista, Agata Cosentino (Federica De Benedittis), ritrovata seminuda in un corridoio di un edificio comunale. Una rapina? Un’aggressione premeditata? Una violenza? Tutte domande che subito si affastellano nella mente del commissario, scosso anche dal fatto che la vittima era una cara amica della sua compagna Livia (Sonia Bergamasco). A complicare, poi, le cose ci si mette anche il figlio di Adelina (Ketty Governali), la sua cuoca, un ladro seriale che non vuole in alcun modo perdere il vizio…
Passioni brucianti, pulsioni sbagliate
Attraverso l’universo narrativo di Montalbano, Andrea Camilleri ha sempre raccontato la nostra società, con le sue fratture e fermenti, sbandamenti compresi; Camilleri, però, ha tratteggiato con ancor più cura la complessità dell’animo umano, il suo accendersi di sentimenti e di passioni, spesso brucianti o addirittura deraglianti. E anche in tale episodio, “Salvo amato, Livia mia”, sembra tornare tutto questo in maniera composita: il desiderio di maternità; l’amore coniugale, ma anche la passione extraconiugale; ancora, il sogno di un amore impossibile. Da ultimo, il dramma di una pulsione sbagliata, intrisa di perversione: affiora infatti il tema della pedofilia, come in un precedente adattamento, “Un covo di vipere” (2017), c’era stato quello dell’incesto. Attraverso il commissario Montalbano, dunque, Camilleri scandaglia la cronaca nera, nerissima, del nostro oggi; non c’è giudizio, non c’è condanna, ma desiderio di verità, il bisogno smascherare le crepe, provando a dare un ordine alle cose. Un racconto spesso apro, ruvido, spigoloso, che viene però sempre egregiamente temperato dall’ironia della penna di Camilleri, che fa capolino attraverso ogni personaggio, dal modus relazionale dello stesso Salvo Montalbano ai comprimari del commissariato di Vigata, passando poi all’universo umano di personaggi ricorrenti o meno che puntellano ogni storia, come la cuoca Adelina oppure il medico legale Pasquano, il compianto Marcello Perracchio.
Il punto Cnvf-Sir
È talmente collaudata la macchina narrativa-produttiva del “Commissario Montalbano” che è difficile sbagliare un colpo. Ogni messa in onda da vent’anni è un vero e proprio evento. Una “grande festa popolare”, così lo ha definito il direttore di Rai Fiction Eleonora Andreatta; un testimonial del servizio pubblico in Italia e nel resto del mondo (la serie è venduta in 65 Paesi, tra cui Inghilterra e Stati Uniti). Che dire pertanto di “Salvo amato, Livia mia”? È nuovamente un indovinato mix di giallo e commedia dell’arte; un racconto capace di unire più linee narrative: dal noir alla commedia, dalle sfumature di sentimento alle istanze di impegno civile. In questo film prevale forse – data anche l’unione di due racconti di Camilleri – più la carica esilarante dei personaggi, quel tratto appunto da commedia dell’arte, rispetto alla compattezza della linea gialla. Sia chiaro, tutto gira perfettamente, senza sbavature; è proprio a voler trovare un “difetto” che arriviamo a dire che la componente ironica rischia di mangiarsi un po’ l’ossatura del racconto. Detto ciò, a Luca Zingaretti va riconosciuto il merito di essere subentrato alla regia, o meglio nella co-regia con Sironi, con grande rispetto e prudenza, conferendo piena continuità con l’impianto della serie. Non ci sono, infatti, sussulti o irregolarità; è un “Montalbano” al cento per cento, in armonia con gli altri episodi, a oggi 36 adattati per lo schermo. E il futuro? Di certo, c’è spazio appena per una manciata di appuntamenti prima del gran finale. Godiamoci allora questa festa, anche noi un po’ con questa “melanconica dolcezza”…
Articolo disponibile anche su Agenzia SIR
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