Mentre lavora a “Lo sceicco bianco” (1952), Federico Fellini, su suggerimento di Tullio Pinelli, comincia a pensare a “La strada”, Il copione però spaventa moltri produttori, uno rilancia, propone una commedia, e Fellini realizza “I vitelloni (1953). Finalmente Dino De Laurentiis accetta di produrre il film, e nel 1954 Fellini lavora a “La strada”, girato in alcune località dell’Italia centrale tra l’ottobre 1953 e il maggio 1954, con diverse interruzioni. Presentato alla 15^ Mostra del Cinema di Venezia, il film vi ottiene il Leone d’Argento. Dopo il verdetto, in sala si scatena una bagarre tra i ssotenitori di Fellini e quelli che volevano un riconoscimento per “Senso” di Luchino Visconti, a sua volta in concorso. Nonostante sia girato quasi tutto in esterni, la critica boccia il film per la sua scarsa aderenza ai canoni del neorealimo e l’adesione ai toni della favola e della spiritualità. Oggi la sceneggiatura, scritta da Fellini, Pinelli e Flaiano appare quanto mai incisiva, aspra, capace di fotografare un periodo e allargarne i confini temporali. Di suo Fellini aggiunge uno sguardo delicato, equilibrato, forte nelle psicologie e nervoso negli scarti caratteriali, visionario mentre procede verso una conclusione che sa di grande metafora interiore. Non finisce di stupire la capacità di mettere a nudo per 100” il male puro di Zampanò e il bene indifeso di Gelsomina. La violenza, la durezza, il cinismo che fanno i conti con la pietà, come sentimento universale di comprensione e pacificazione. P.Fantuzzi ricorda che “La strada, Il bidone, Le notti di Cabiria vengono talvolta indicati come la “trilogia della Grazia” , a indicare “un legame che si configura come tensione, all’interno di vicende umili e perfino sordide, verso un orizzonte di luce nel quale non è difficile percepire, anche se in maniera incerta e confusa, i tratti della redenzione cristiana” (“Il vero Fellini”, Ave Editrice, 1994,pag, 28).
Nel predisporre la scheda, il Centro Cattolico Cinematografico scrive: “Il film si risolve in una luce dolcemente romantica, venata di un realismo quasi crepuscolare: in alcuni luoghi, forse, le sue ambizioni restano allo stato di intenzioni e il messaggio spirirtuale e poetico sembea solo enunciato, ma bastano l’insolita fisionomia dei suoi personaggi e la rarefatta e quasi magica cornice in cui si muovono a raccomandarlo a tutta lapiù attenta considerazione”. Si aggiunge tuttavia: “La difficoltà di un’esatta comprensione del filmda parte di un pubblico giovanile e l’assenza di freni morali nel protagonista consigliano di riservare la visione agli adulti” (Segnalazioni Cinematografiche, vol. XXXVI, pag. 119, 1954).
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