Due importanti proposte d’autore in sala dal 13 marzo 2014: Lei (Her) di Spike Jonze e Ida di Pawel Pawlikowski. Il film di Spike Jonze (Essere John Malkovich, Il ladro di orchidee, Il paese delle creature selvagge), passato in concorso all’edizione 2013 del Festival Internazionale del Film di Roma e vincitore di diversi riconoscimenti tra cui il Golden Globe e il Premio Oscar per la migliore sceneggiatura originale, è una curiosa nonché poetica riflessione sui rapporti nell’epoca dei digital media, sulla possibilità di vivere una affettività virtuale. È quello che accade al protagonista Theodore (il bravissimo Joaquin Phoenix), che entrato in contatto con la voce del sistema operativo OS1, “Samantha” (Scarlett Johansson/Micaela Ramazzotti), ne rimane colpito e ammaliato. Il film convince sia sotto il profilo stilistico nonché per la performance degli attori, ma principalmente per la singolarità e l’attualità del soggetto, capace di intercettare una questione aperta nel rapporto uomo-macchina, uomo-media. La valutazione pastorale è, pertanto, consigliabile, problematico e certamente adatto per dibattiti.
Altrettanto originale e raffinato è Ida, del regista polacco Pawel Pawlikowski (My Summer of Love, 2004), opera che presenta la complessa vicenda della giovane novizia Anna (Agata Trzebuchowska), che nella Polonia del 1962 scopre di avere delle radici ebraiche, grazie all’incontro con la zia Wanda (Agata Kulesza). Anna risale così alla storia della propria famiglia, al suo vero nome, Ida, nonché al suo triste passato legato alla presenza dei nazisti sul territorio polacco. È il principio di un viaggio interiore, che la porterà ad affrontare con maggiore convinzione il proprio cammino religioso. Opera affascinante, soprattutto per la regia e l’uso del bianco e nero, così come per l’accurata ricostruzione storica. Dal punto di vista pastorale è da considerare consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.
Storia ugualmente originale dal punto di vista stilistico è Prossima fermata Fruitvale Station (Fruitvale Station) dell’esordiente Ryan Coogler, film vincitore del Prix de l’avenir al 66° Festival di Cannes (2013) nella sezione Un certain regard e passato con successo anche all’ultimo Sundance Film Festival, dove ha ottenuto il Premio della Giuria e il Premio del pubblico. È il racconto di un fatto di cronaca, la morte del giovane ventenne di colore Oscar Grant (interpretato da Michael B. Jordan), ucciso dalla polizia a San Francisco nella notte del 31 dicembre 2008. Una narrazione dura ed esplicita, che non risparmia realismo nel suo intento di denuncia antirazziale. Prossima fermata Fruitvale Station è un film interessante, da valutare come problematico e indicato per dibattiti.
Dalla denuncia sociale alla commedia briosa. Anzitutto Maldamore di Angelo Longoni (Facciamo Fiesta, Caravaggio), che con un cast forte di attori italiani (Luca Zingaretti, Alessio Boni, Ambra Angiolini, Luisa Ranieri) riflette sulla vita di coppia e sulle sue derive, tra tradimenti e bugie. Seppur con un ritmo vivace e con attori convincenti, il film stenta a coinvolgere e a trovare uno specifico originale (già molte le variazioni sul tema). Maldamore dal punto di vista pastorale è da valutare come futile e decisamente segnato da superficialità. Alla ricerca di facili risate è anche Supercondriaco – Ridere fa bene alla salute (Supercondriaque) del francese Dany Boon, noto al grande pubblico per Giù al Nord (Bienvenue chez les Ch’tis, 2008), commedia piacevole anche se in alcuni passaggi esagerata. È la storia semiseria di un malato immaginario, il fotografo Romain (Dany Boon), coinvolto in una girandola di gag ed equivoci. Seppur con qualche riserva, il film può offrire occasioni per un divertimento semplice e immediato.
Adatto ai più piccoli è, poi, Mr. Peabody e Sherman (Mr. Peabody & Sherman) di Rob Minkoff (regista del disneyano Il Re Leone), cartoon cinematografico ispirato alla nota serie televisiva statunitense degli anni Sessanta. Un cane colto e parlante adotta un bambino, coinvolgendolo in avventurosi viaggi con la macchina del tempo. Opera frizzante e simpatica, dal taglio educational, consigliata per tutta la famiglia.
In chiusura, due action movie per gli amanti del genere: Need for Speed di ScottWaugh e 47 Ronin di Carl Rinsch. Il primo film, che prende le mosse da un popolare video game, si concentra sulle corse di auto truccate; storia narrata con uno stile concitato e teso a coinvolgere lo spettatore attraverso l’uso riuscito delle soggettive. Need for Speed è complessivamente semplice e di facile fruizione. Meno riuscito, al contrario, 47 Ronin che recupera la storia epica dei samurai in chiave fantasy, con eccessivo ricorso agli effetti digitali e rischiosi smarrimenti di senso. Un’occasione sostanzialmente mancata, per un film che punta tutto sulla suggestione e sulle scene di combattimento (non prive di violenza, per un pubblico di minori).
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