“L’isola” è il dvd n° 12 della collana di Famiglia Cristiana

venerdì 21 Dicembre 2012
Un articolo di: Redazione

GIUDIZIO: Raccomandabile/problematico/dibattiti * *

TEMATICHE: Metafore del nostro tempo; Santità; Tematiche religiose

SOGGETTO: Nel 1942, nel pieno della seconda guerra mondiale, il giovane Anatolij viene costretto da un tedesco nemico a uccidere un proprio ufficiale per avere salva la vita. Anni dopo, nel 1976, Anatolji vive su un isola tra i ghiacci nel nord della Russia, in un piccolo convento ortodosso. Qui, tutto rivolto ad espiare le conseguenze della colpa di quel delitto, passa i giorni nella preghiera, manifestando un carattere aspro e scontroso che mette in imbarazzo i confratelli monaci. Il rigore della sua esistenza viene conosciuto e molti si presentano da lui per farsi curare malattie e infortuni. L’ammiraglio Tikhon conduce la figlia Nastya, uscita di senno dopo la perdita del marito morto in un sottomarino. Anatolij lascia che la ragazza si sfoghi, fino a perdere conoscenza. Quando si risveglia, appare guarita. Nel ringraziarlo, Tikhon si fa raccontare l’episodio che ha portato il vecchio su quell’isola, e può rincuorarlo e perdonarlo: era lui quell’uomo che era stato colpito ma non ucciso. Ora Anatolij, che aveva sentito avvicinarsi l’ultima ora, può morire pacificato con se stesso.

VALUTAZIONE PASTORALE: di Pavel Lunguine si è visto in Italia “Taxi Blues” (1999). Da allora il regista é rimasto fermo, e ora (il film é del 2006) si ripropone con un’opera molto differente. Il motivo? “Non lo so spiegare neanch’io – dice – é semplicemente un film sul fatto che Dio esiste. Viene il momento quando questo diventa importante…ho la sensazione che il periodo dei cambiamenti sia terminato, che la società deve pensare all’eternità, al peccato e alla coscienza (…).” Mette in campo argomenti e temi forti, il regista russo, per niente intimorito dal rischio di apparire ‘fuori moda’. Anatolij é un uomo che fa i conti con se stesso e, in questo cammino, incontra il Male di un mondo che fa finta di non vedere il baratro verso cui procede. Cosi l’uomo intraprende la strada della spiritualità esaperata, quella che lo fa definire dagli altri un ‘folle’. In Anatolij la religiosità ortodossa della Madre Russia scende sul terreno della ‘pazzia’ senza mai perdere di vista i confini di una comprensione che si sporca nel crudo vissuto quotidiano. Su uno sfondo di vibrante bellezza naturale, Lunguine colloca una simbologia tanto cosciente quanto provocatoria. E Anatolij è l’uomo senza nome che mette a nudo la differenza tra verità e ipocrisia, provocando in ciascuno l’inevitabile esame finale. Ispirato nelle immagini e convincente nelle cadenze narrative, il film disegna il ritratto di una Russia densa di sussulti interiori e pronta con coraggio ad affrontare le proprie contraddizioni passate e recenti. Tutti questi motivi rendono il film, dal punto di vista pastorale, certamente raccomandabile, problematico e adatto per dibattiti

UTILIZZAZIONE: il film é da utilizzare in programmazione ordinaria, e da proporre in successive occasioni per avviare riflessioni, con altri contributi, sui molti temi sopra indicati.


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