RoFF17: “L’Ombra di Caravaggio” di Placido e “Le vele scarlatte” di Marcello
mercoledì 19 Ottobre 2022
Un articolo di:
Sergio Perugini
Tra pittura e letteratura, la 17a Festa del Cinema di Roma valorizza il bello e i suoi riflessi tragici attraverso le opere di due autori italiani. Anzitutto Michele Placido, che firma “L’Ombra di Caravaggio”, viaggio nelle pieghe della Storia e della biografia del pittore Michelangelo Merisi, giocato nel chiaroscuro, nei rapporti oppositivi verità-arte, morale-società, potere-povertà. Protagonisti Riccardo Scamarcio e Louis Garrel, comprimario è la stessa regia di Placido, che cala lo spettatore in un “tableau vivant” caravaggesco, livido e luminoso. Ancora, Pietro Marcello scrive e dirige “Le vele scarlatte” (“L’Envol”), elegante racconto di formazione di matrice sentimentale che prende le mosse dal romanzo russo di Aleksandr Grin. Con Juliette Jouan, Raphaël Thiéry e Louis Garrel. Punto Cnvf-Sir.
“L’Ombra di Caravaggio” (dal 3.11 al cinema)
Hanno sempre suscitato grande fascino, tra cinema e Tv, la vita e l’arte di Michelangelo Merisi, meglio noto come Caravaggio, pittore vissuto tra la fine del ‘500 e i primi anni del ‘600, che ha rivoluzionato l’arte pittorica con il suo sguardo e la sua vis cromatica. Nelle produzioni degli ultimi anni si ricordano il documentario di Sky “Caravaggio. L’anima e il sangue” (2018) di Jesus Garces Lambert così come la miniserie Rai “Caravaggio” (2008) di Angelo Longoni con Alessio Boni, dove assume un ruolo di primo piano la fotografica del tre volte Premio Oscar Vittorio Storaro. Ora alla 17a Festa del Cinema di Roma è in cartellone “L’Ombra di Caravaggio”, l’ultima fatica dell’attore, sceneggiatore e regista Michele Placido, al suo 14° film dietro la macchina da presa. Forte di una coproduzione internazionale targata Italia-Francia, l’opera ci accompagna alla scoperta del pittore tra luci e ombre, tra passioni brucianti, carnali, e suggestioni di straordinaria poesia, giocate tra sublime e Mistero. La storia. Primi del ‘600. Michelangelo Merisi (Riccardo Scamarcio) è rifugiato a Napoli, inseguito dall’accusa di omicidio. A proteggerlo è come sempre la nobildonna Costanza Colonna (Isabelle Huppert), che cerca di ottenere per lui la grazia intercedendo con papa Paolo V (Maurizio Donadoni). A sostenere la causa del Merisi è anche il cardinale Del Monte (Michele Placido), grande appassionato d’arte e suo mecenate. Il Papa chiama un emissario fidato, detto l’Ombra (Louis Garrel), affinché indaghi nella storia di Caravaggio, tra vita e produzione artistica, mettendo a fuoco i fatti che lo vedono legato all’omicidio di Ranuccio (Benno Placido).
Così sottolinea Michele Placido: il film “immagina Caravaggio come un artista pop, che vive la vita vorticosa che vivrebbe oggi a New York o a Londra. E per questo è venuto a Roma: il centro del mondo, un universo di immigrati, prostitute, preti, pellegrini, cardinali, principi e malviventi. Un pianeta di grandi ricchezze e grandissime povertà, poteri forti e immense servitù, denaro a fiumi nei palazzi e un popolo che muore di fame nei vicoli”.
L’autore ci presenta un Caravaggio travolgente e passionale, nelle sue creazioni come pure nei suoi legami. Non c’è via di mezzo, la ricerca del sublime in ogni direzione. Michelangelo Merisi è inviso alla Chiesa di Paolo V, perché lussurioso e poco incline alle regole, alla morale; un artista eccelso che va cercando ispirazione ovunque e con chiunque, e per questo un problema. Non poco ingombrante. Va detto anzitutto che a funzionare nel film “L’Ombra di Caravaggio” è proprio la regia di Placido, corroborata dalla fotografia di Michele D’Attanasio: un lirismo che sconfina nel grottesco, un tratteggiare con grande efficacia la Roma del tempo, dipingendola della gamma cromatica cara al Merisi, dalle pennellate più fosche agli abbagli di luce deflagranti. Una vertigine poetica per lo sguardo.
Altro punto di forza del racconto, sono le interpretazioni di Riccardo Scamarcio, che veste i panni di un Caravaggio arruffato, caotico e viscerale, quella di Louis Garrel, austero e dolente, nel ruolo dell’accusatore pontificio, dell’Ombra. Mai scontata e banale è anche Isabelle Huppert, nobildonna che fa da mecenate e da amante dell’artista. Infine, Placido si ritaglia un ruolo puntuale, efficace, ovvero il cardinale Del Monte, lungimirante e incline a vizi terreni.
Nell’insieme, l’opera affascina e convince, soprattutto per la messa in scena visiva. A livello narrativo il ruolo di opponente è chiaramente intestato alla Chiesa, baluardo della moralità, di cui però si evidenziano delle crepe, delle incoerenze. Una soluzione, a ben vedere, non del tutto originale, che sposta l’asse del racconto in chiave purtroppo schematica, bianco-nero. “L’Ombra di Caravaggio” coinvolge e un poco sconvolge, sulla corda delle emozioni forti, quelle inseguite dallo stesso Merisi: “Amor vincit omnia”. Complesso, problematico, per dibattiti.
“Le vele scarlatte”
Che bella sorpresa! L’ultimo film di Pietro Marcello, apprezzato regista classe 1976, che si è distinto per il documentario “La bocca del lupo” (2009) e il lungometraggio “Martin Eden” (2019), con “Le vele scarlatte” (“L’Envol”) si presenta alla Festa del Cinema di Roma, dopo la partecipazione alla Quinzaine des Réalisateurs al 75° Festival di Cannes (2022). Come fatto in precedenza, ispirandosi al romanzo di Jack London, anche qui Marcello prende spunto da un’opera letteraria, quella dello scrittore russo Aleksandr Grin. La storia. Nella campagna francese, al termine della Grande guerra, un ex soldato Raphaël (Raphaël Thiéry) fa ritorno nel suo villaggio sperando di trovare ancora la moglie. La donna è purtroppo morta poco dopo la nascita della loro unica figlia Juliette, piegata anche dal dolore di una violenza commessa su di lei dal proprietario della locanda del paese. Con resilienza Raphaël si rimbocca le maniche per assicurare una vita decorosa, semplice, a sua figlia. Con l’aiuto della vicina Adeline (Noémie Lvovsky), Juliette (Juliette Jouan) cresce amata e libera, con una propensione per musica e canto. Un’anziana del posto (Yolande Moreau), considerata dai più una strega, le predice un futuro di felicità, quando la ragazza avvisterà in cielo delle vele scarlatte…
Pietro Marcello possiede un grande talento narrativo, una capacità espressiva vivida e poetica, che conquista per le soluzioni di regia, per uno stile classico e insieme contemporaneo, riflessivo e introspettivo. Ne “Le vele scarlatte” mette in scena un racconto di formazione, la storia di Juliette e il suo legame con il protettivo padre Raphaël: l’uomo è l’immagine di un tempo, di un mondo, che va sbiadendo sulle macerie della Prima guerra mondiale, mentre la giovane incarna il desiderio di futuro, dove una donna è libera di scegliere cosa fare e chi amare. Nella storia l’uomo del domani ha il volto di Louis Garrel, il pilota Jean, un amore incerto e misterioso che irrompe nella vita di Juliette, che le fa sognare un’esistenza altra. Lui è l’uomo delle vele scarlatte, che però non si configurerà come un “salvatore”, bensì sarà scelto e salvato dalla stessa Juliette.
A impreziosire l’opera, oltre alla regia di Marcello e alle interpretazioni tutte, è la fotografia di Marco Graziaplena, che amplifica in chiave dolce e lirica i movimenti di macchina del regista, così come le musiche di Gabriel Yared, che ha sposato il progetto colpito dal lavoro di Marcello in “Martin Eden”: “Pietro è un artista integro che ammiro profondamente”. “Le vele scarlatte” è un’opera di un’eleganza diffusa, stratificata nei temi e dolce nelle sfumature del sentimento, che si apre allo sguardo come la bellezza di un fiore che si schiude. Consigliabile, problematico, per dibattiti.