“Nostalgia”: Martone rende omaggio alla Napoli bella e crudele di Ermanno Rea
giovedì 29 Settembre 2022
Un articolo di:
Massimo Giraldi, Eliana Ariola
Tre anni dopo “Il sindaco del rione sanità” (2019), liberamente ispirato all’omonima pièce teatrale di Eduardo De Filippo, e un’incursione nella Napoli di inizi novecento con “Qui rido io” dedicato a Eduardo Scarpetta, Mario Martone torna nella sua città natale con “Nostalgia”, tratto dall’omonimo romanzo di Ermanno Rea. Nato a Napoli nel 1927 e morto a Roma nel 2016, Ermanno Rea è stato scrittore e giornalista dallo sguardo lucido e attento a fotografare la realtà che lo circondava e che in ultima analisi ha trovato palpiti ed emozioni nell’incontro-scontro con la sua Napoli: città scrigno, luogo di tesori, sorprese, scoperte, ma anche di improvvisi ricordi, di reminiscenze, di tuffi nella nostalgia che non lascia scampo. Ecco allora Felice Lasco (Pierfrancesco Favino, bravissimo come sempre), che torna dopo quarant’anni nella città partenopea per riabbracciare finalmente la madre anziana (un’indimenticabile Aurora Quattrocchi). Cammina un po’ incredulo e un po’ sorpreso per le tortuose strade del Rione Sanità, alla ricerca della propria, smarrita, identità, che ritrova a poco a poco in un palazzo malandato, in qualche vecchia foto e infine nelle parole. Felice recupera dentro di sé la lingua natia e passa, improvvisamente e senza soluzione di continuità, dall’italiano di chi ha vissuto molto all’estero al dialetto. L’uomo vive uno stato di incertezza, riscopre persone con cui aveva perso i contatti e fa amicizia con il parroco del quartiere, don Luigi (l’ottimo Francesco Di Leva), un prete determinato che combatte a viso aperto la camorra e cerca di dare un futuro ai giovani. Felice gira intorno ai propri ricordi ma alla fine la sua mente resta legata a Oreste Spasiano (Tommaso Ragno, bravissimo nel tratteggiare un uomo al tempo stesso solo e malinconico, rabbioso e crudele), grande amico d’infanzia, compagno di bravate, ora pericoloso e temuto boss. Vuole incontrarlo a tutti i costi incurante dei consigli di andarsene e dimenticare. Ci riuscirà, pagando il più alto dei prezzi.
La grande forza di “Nostalgia” (romanzo) è nel dire con chiarezza che ricordare l’infanzia è una fregatura; il peso immane di “Nostalgia” (film) è che la bellezza si confonde con le brutture e la miscela che ne deriva non dà scampo. Ancora una volta Mario Martone corre sul binario di una cronaca lucida e spietata. Vorremmo che tutto fosse attraente, ma la realtà rovescia le carte. Napoli è bellissima e crudele, il film corre lungo un destino cinico e baro. Forse tornare indietro è impossibile. Immagini nere dense di pietà. Dal punto di vista pastorale, il film “Nostalgia” è consigliabile-complesso, problematico e adatto per dibattiti.