14ª Festa del Cinema di Roma, sabato 26 ottobre. Siamo alle battute conclusive della manifestazione capitolina all’Auditorium Parco della Musica. In cartellone oggi è il giorno di due donne: anzitutto Viola Davis, pluripremiata attrice hollywoodiana (tra cui un Oscar, un Emmy e due Tony Award) che a Roma14 riceve il riconoscimento alla carriera e si mette in gioco con un duetto con il pubblico; e poi c’è Cristina Comencini, che presenta il suo ultimo lavoro “Tornare”, dove ritrova come protagonista Giovanna Mezzogiorno. Il punto del Sir e della Commissione nazionale valutazione film della Cei.
“Tornare”
A tre anni dall’ultimo film (“Qualcosa di nuovo”, 2016), Cristina Comencini è di nuovo al cinema con “Tornare”, film che è stato scelto come opera di chiusura di Roma14. La Comencini nel corso della sua carriera, decollata a fine anni ’80, ha inanellato una serie di titoli di grande impatto, tutti giocati tra mélo, critica sociale e umorismo raffinato. Tra le sue opere più note si ricordano “Va’ dove ti porta il cuore” (1996) dall’opera di Susanna Tamaro, “La bestia nel cuore” (2005, candidato all’Oscar come miglior film straniero) e “Bianco e nero” (2008).
Con “Tornare” la Comencini coinvolge un’attrice già protagonista del suo immaginario, Giovanna Mezzogiorno, che sembra quasi vestire lo stesso ruolo duro e sofferto visto nel film “La bestia nel cuore”. A legare i due titoli è il tema della violenza e del trauma, che graffia le vite nell’età innocente e genera vuoti ingombranti nella vita adulta. Qui la protagonista è Alice, quarantenne che arriva a Napoli dall’America negli anni ’90, alla morte del padre. Intenzionata a vendere la grande casa di famiglia dove ha trascorso infanzia e adolescenza, la donna viene assalita subito da un flusso di ricordi, che virano anche verso incubi e allucinazioni. A offrirle aiuto è il bibliotecario Marc (Vincenzo Amato), una presenza costante sin dalla tenera età.
La Comencini si mantiene narrativamente sullo stesso binario della “Bestia nel cuore”, mostrando una donna in cerca di indipendenza e serenità; il bisogno di prendere le distanze dalla figura del rigido padre così come da alcuni irrisolti interiori, risalenti alla vita in famiglia da piccola, che però fatica a mettere a fuoco. Nel corso del racconto piano piano i ricordi affiorano come tessere di un mosaico e la regista sollecita, oltre alla memoria, anche l’inconscio sul modello Hitchcock, provando a tenere misteriosa la vicenda sino all’ultimo.
Senza dubbio è di grande valore il lavoro della Mezzogiorno, che si mette in gioco con grande intensità espressiva. Il film però non sembra ben saldo e amalgamato; molte suggestioni infatti risultano appese o persino inconcludenti. La regista senza dubbio ha mestiere e governa bene la macchina, ma in “Tornare” fatica a condurre in porto il racconto. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come complesso, problematico e per dibattiti.
Bilancio finale su Roma14
Cala dunque il sipario sulla 14a Festa del Cinema di Roma, edizione sotto la presidenza di Laura Delli Colli e la direzione artistica di Antonio Monda. Cosa ricordare? Anzitutto alcuni titoli di grande richiamo che saranno di certo protagonisti della stagione dei premi internazionali 2019-2020. Parliamo di “The Irishman” di Martin Scorsese, quasi un’opera testamento per l’inconfondibile stile del regista newyorkese e in generale i mafia movie hollywoodiani; Robert De Niro e Al Pacino, poi, vantano una gran forma espressiva. Ancora, con “Judy” abbiamo apprezzato il riscatto di un’attrice finita nell’oblio della memoria di Hollywood, Judy Garland, cui viene tributato un giusto omaggio, patinato sì ma di grande vitalità, con una performance da premio per Renée Zellweger.
Dalle altre cinematografie, si evidenzia la riflessione su vita e morte in chiave ironica tanto nel film francese “Le meilleur reste à venir” di Matthieu Delaporte e Alexandre de La Patellière con Fabrice Luchini, quanto del cinese “The Farewell” della giovane filmmaker Lulu Wang. Da tenere d’occhio il documentario “Pavarotti” firmato dal Premio Oscar Ron Howard, racconto vibrante e di grande fascino della vita, dell’arte, di Luciano Pavarotti.
Infine, Roma14 ha concesso grande spazio alla musica rock. Indovinati, infatti, i due documentari – diversi per stile ma entrambi di notevole coinvolgimento – “Western Stars” di e con Bruce Springsteen e “L’anima vista da qui” dedicato alla band salentina Negramaro per i vent’anni di attività.
Tra le criticità, va registrata purtroppo anche quest’anno la presenza di proiezioni spesso sovrapposte e poco funzionali per la fruizione di stampa e pubblico. Sarebbe auspicabile, inoltre, una maggiore sinergia tra le realtà in campo: Festa del Cinema, Alice nella Città e Mercato dell’audiovisivo MIA. A ogni modo, alla Festa del Cinema di Roma si augura una crescita e un posizionamento sempre più definito e rilevante nel panorama italiano e internazionale. Occhi puntati su Roma15 nel 2020.
Articolo disponibile anche su Agenzia SIR
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