Molto più di un cancer movie. L’opera di Francesco Bruni “Cosa sarà”, con un superlativo Kim Rossi Stuart, è un intenso viaggio nelle pieghe della malattia ma soprattutto nei rivoli della vita, un percorso di smarrimento e ricentramento. Con un avvolgente stile semiserio, alternando pagine drammatiche a riusciti raccordi ironici, il regista ci racconta di sé, della sua malattia avuta nel 2017, ma anche del cammino di molti che si sentono chiamati ad affrontare un “Moloch”. Lungo è stato l’applauso alla proiezione stampa, soprattutto quando è comparsa la dedica a Mattia Torre, regista-sceneggiatore scomparso nel 2019 dopo una difficile battaglia, raccontata nella serie Rai “La linea verticale”. E a ben vedere il film di Bruni è una scelta perfetta per chiudere questa Festa del Cinema, perché richiama anzitutto la suggestione del film di apertura, il cartoon “Soul” della Disney-Pixar, ovvero la ricerca del senso della vita, ma anche perché è un’opera corroborante e terapeutica per tutti coloro che vivono la tempesta. Il punto con la Commissione nazionale valutazione film CEI e l’Agenzia SIR.
Il viaggio di Bruno
Roma oggi. Bruno Salvati (Kim Rossi Stuart) è un regista cinematografico in stallo. Il suo ultimo progetto fatica a decollare e a casa poi le cose non vanno benissimo: è separato dalla moglie Anna (Lorenza Indovina) e con i figli, Adele (Fotinì Peluso) e Tito (Tancredi Galli), ha un rapporto buono ma dal dialogo incerto. Un piccolo incidente lo porta a fare delle analisi del sangue da cui emerge che Bruno ha una forma di leucemia ed è costretto a trovare un donatore per il trapianto. Piombato in un incubo, l’uomo prova a reagire come può ma i risultati sono altalenanti. Un giorno il padre Umberto (Giuseppe Pambieri) gli rivela di avere una figlia segreta, nata fuori dal suo matrimonio. Per Bruno è uno shock ma anche una timida speranza di salvezza…
Oltre il perimetro della malattia
Come nei suoi precedenti film – “Scialla!” (2011), “Noi 4” (2014) e “Tutto quello che vuoi” (2017) – Francesco Bruni ha costruito un racconto attingendo a piene mani dal suo vissuto. In quest’ultimo, “Cosa sarà”, forse i richiami sono ancor più forti e vibranti. Nel 2017, infatti, è stato travolto dalla diagnosi di una malattia, un tumore del sangue, la stessa patologia che combatte il protagonista Bruno. Quel faccia a faccia con il male, dunque, è il punto di contatto tra autore e personaggio; un faccia a faccia messo in scena con forte realismo, un dramma acuto ma sempre sotto controllo, senza sbavature, disinnescato da preziose dosi di autoironia.
Attraverso Bruno sperimentiamo tutte le fasi della discesa negli inferi della malattia: lo svelamento della diagnosi, il difficile dialogo da costruire con il medico curante, le tante domande che turbinano nella mente; e ancora, il trovare il modo giusto per dirlo a casa, ai propri figli, ma soprattutto come chiudere aiuto, da che parte cominciare. Insomma, un vortice di pensieri ed emozioni contrastanti, che atterriscono e fanno sobbalzare.
Bruno però non si arrende, non rimane immobile; e laddove appare insicuro intervengono i suoi familiari, dall’ex moglie Adele, che lo accoglie in casa come un porto sicuro, ai figli che dimostrano grande lucidità e maturità. E ancora, fecondo è quel dialogo ritrovato con il padre anziano, che gli schiude un aspetto inatteso nella sua esistenza: Bruno ha una sorella, Fiorella (Barbara Ronchi), che non è solo una possibile salvatrice per lui, è anzitutto quel tassello familiare che mancava, a lungo intuito ma mai compreso.
Attraverso il viaggio di Bruno, dunque, non sperimentiamo solo la sfida alla malattia, ma anche il guardarsi allo specchio e provare a dare un senso alla propria esistenza, spesso lasciata andare con troppa trascuratezza. La malattia è una scossa profonda che spinge a denudarsi di sovrastrutture inutili e mettere a fuoco ciò che conta, o meglio, chi conta.
Bruno riscopre quanto sia fondamentale la moglie Anna nel suo quotidiano, come pure i gesti e le parole condivise con i figli. Bruno si risente marito, padre, figlio e infine fratello. Si sente parte di un tutto, che non vuole in alcun modo lasciare. E così combatte, dà battaglia al suo “Moloch”.
Il punto critico Cnvf-Sir
Una bella sorpresa l’opera di Francesco Bruni “Cosa sarà”, un film che seppure denso di temi spinosi e non poco dolorosi, trasmette fiducia e voglia di giocarsi con la vita. Scritto con grande padronanza e raffinatezza – Bruni prima di essere un regista è uno sceneggiatore di lungo corso, autore tra l’altro del “Montalbano” televisivo –, “Cosa sarà” è molto di più di un racconto autobiografico o uno dei tanti film che mettono a tema la malattia. È una fotografia del cammino dell’uomo, che spesso ha bisogno di un inciampo per ritrovarsi e rimettersi in sintonia con la propria esistenza. Ripetiamo, un film che fa bene, e molto, in tempi difficili come il nostro oggi: ci ricorda che il male o la morte non costituiscono mai l’ultima parola, e che la vita va giocata fino in fondo.
Come sottolinea Eliana Ariola della Commissione film CEI: “Ciò che colpisce nel film è il pudore con il quale il regista ci mostra le sofferenze psicologiche e fisiche di Bruno. Non c’è brutalità, vediamo quello che ci serve per capire, per accompagnarlo nel suo viaggio, dal grigio, fino al buio più fitto, per ritrovare poi l’alba della vita che ricomincia”.
Ultimo, va doverosamente sottolineato come a imprimere una decisa forza al racconto sia il cast tutto, da Lorenza Indovina a Raffaella Lebboroni, come pure i giovani Fotinì Peluso e Tancredi Galli. Su tutti però spicca un Kim Rossi Stuart di singolare bravura: la sua è una recitazione matura, misurata, capace di dosare l’alto e il basso, tensioni e raccordi brillanti. Emozionante.
Nel complesso il film “Cosa sarà” è da valutare dal punto di vista pastorale come consigliabile, problematico e adatto di certo per dibattiti.
Articolo disponibile anche sul portale dell’Agenzia SIR