IL CINEMA DELLE “FIGURAE CHRISTI”: GRAN TORINO
Gran Torino (2009) di Clint Eastwood per la settima settimana di Quaresima: il cinema parabolico chiude il ciclo di proposte per la Quaresima
«Se riteniamo di non aver bisogno di Dio, che in Cristo ci tende la mano, perché pensiamo di bastare a noi stessi, ci incamminiamo su una via di fallimento. Dio è l’unico che veramente salva e libera» (Papa Francesco, Messaggio per la Quaresima 2014). Settima proposta per la Quaresima 2014 dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali e della Commissione Nazionale Valutazione Film della CEI è Gran Torino (2008) di Clint Eastwood.
Inedite tracce di Gesù nei film parabolici
Nella storia del cinema, oltre alle opere che rientrano apertamente nel genere biblico-cristologico, ricollegandosi dunque in maniera esplicita alla storia di Gesù, è possibile trovare anche i film parabolici, il cinema delle cosiddette figurae Christi. Si tratta di film che pur non occupandosi direttamente della figura di Gesù, contengono però al loro interno dei richiami tematici o simbolici alla vita di Cristo: «racconti che, senza mettere in scena la figura di Gesù, in qualche modo ne sono icona, metafora, parabola» (D.E. Viganò, Gesù e la macchina da presa. Dizionario ragionato del cinema cristologico, Lateran University Press 2005, p. 6).
Tra le molte proposte paraboliche, possiamo citare le opere di Robert Bresson come Diario di un curato di campagna (Journal d’un curé de campagne, 1951) e Au hasard Balthazar (1966), ma anche film come Il pranzo di Babette (Babettes Gaestebud, 1987) di Gabriel Axel oppure La settima stanza (Siódmy pokój, 1995) di Márta Mészáros, così come il recente Gran Torino (2008) di Clint Eastwood.
La proposta di Clint Eastwood
Indimenticabile interprete dei film western di Sergio Leone o di polizieschi statunitensi, Clint Eastwood nel corso della sua lunga carriera si è imposto anche come raffinato regista cinematografico (Un mondo perfetto, Mystic River, Million Dollar Baby, Invictus). Opera tra le più significative dell’ultimo decennio è certamente Gran Torino, la storia del reduce di guerra Walt Kowalski (Clint Eastwood), anziano vedovo con un rapporto problematico con i figli che guarda ormai alla vita con amarezza e rassegnazione. L’incontro con il giovane adolescente Thao (Bee Vang), vicino di casa di etnia Hmong, anche lui solo ed emarginato dalla vita, lo spinge a un radicale cambiamento. «Per entrambi comincia un corso di educazione affettiva e civica, la scoperta di se stessi e la riscoperta dell’altro. La piena coscienza che il piccolo prato davanti alla veranda non deve essere, ogni giorno, un muro o una trincea con il filo spinato è acquisita anche grazie all’incontro con Sue (Ahney Her, interpretazione fresca e convincente), la sorella di Thao. Più spigliata e decisa del fratello, snida il bilioso Walt e lo aiuta, insieme al prete cattolico che insiste per avere cura del suo dolore e dei suoi sensi di colpa, a depurarsi, a liberarsi dal ruolo di Scrooge e delle sue diffidenze» (E. Magrelli, Gran Torino. Kowalski è la variazione crepuscolare dell’ispettore Callaghan, in Rivista del Cinematografo, marzo 2009, 3, pp. 54-56).
È così che lo scontroso Walt Kowalski abbandona il suo astio a favore della tenerezza, del desiderio di riconciliazione. Arriva persino a sacrificarsi per il giovane ragazzo, ricattato da una gang asiatica, evitando così che si lasci contaminare dall’odio e dal senso di vendetta, dal male. Walt Kowalski prende pertanto su di sé la croce, carica su di sé il fardello del peccato al posto del giovane ragazzo, componendo una dolorosa, poetica, Via Crucis: «Ecco, allora, un fotogramma desunto dalla scena finale di Gran Torino di Clint Eastwood: il protagonista Walt giunge a un approdo di redenzione e – come in Mamma Roma di Pasolini ove il figlio muore “crocifisso” su un letto d’ospedale – egli chiude il suo itinerario umano in una crocifissione orizzontale. È quasi un’imitatio Christi, facendosi carico dei peccati suoi, di Thao, il suo giovane interlocutore, e dell’intera tormentata e lacerata società» (G. Ravasi, Gran Torino, in SdC – Sale della Comunità, n. 1, dicembre 2010).
La valutazione
La scheda della Commissione Nazionale Valutazione Film, redatta nel 2009, riporta la seguente valutazione pastorale: «La parabola di Walt Kowalski, dal rifiuto verso tutto e tutti […] all’apertura, alla comprensione, alla coscienza di dover agire si snoda lungo un percorso che evita con puntiglio scivolate retoriche (la medaglia all’eroe di guerra) a vantaggio di una cronaca tesa e asciutta ma non per questo meno profonda. Il copione riesce ad arrivare alla soluzione del sacrificio finale senza assolutizzare il gesto, bilanciato dall’idea della morte comunque incombente causa malattia. E tuttavia la forza dell’esempio rimane, incisiva e incancellabile, aggrappata a quell’Ave Maria appena sussurrato sottovoce, prima di consegnarsi alle pallottole dei teppisti. Walt rappresenta 50 anni di vita e di storia americane, al pari di Eastwood stesso sempre pronto a gettare sul proprio Paese uno sguardo fatto di compassione e di pietà che sono i presupposti di una grande ammirazione. L’attore-regista compone un nuovo, palpitante ritratto, fatto di luci e ombre, di odio e di amore e, in sintesi, di convinta speranza per il futuro. Per questi motivi il film, dal punto di vista pastorale, è da valutare come raccomandabile, problematico e adatto per dibattiti».
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