Stefano Fresi è il commissario Kostas, Lily Collins sogna la Hepburn in “Emily in Paris”
sabato 21 Settembre 2024
Un articolo di:
Sergio Perugini
A settembre decollano nuove serie tra Tv lineare e piattaforme. In evidenza “Kostas” su Rai Uno, diretta da Milena Cocozza e targata Palomar, dai primi romanzi del ciclo dedicato al commissario ateniese Kostas Charitos uscito dalla penna di Petros Markaris. A interpretare il cosiddetto “Montalbano greco” è Stefano Fresi. Nell’Atene del 2009, con i primi fuochi della crisi economica, il commissario Kostas si muove tra intricati casi di cronaca e pagine del passato. Una buona partenza, per una serie che ha del potenziale per successive stagioni, soprattutto grazie all’ottimo Fresi. Cambio di genere con “Emily in Paris”, rom-com tra i prodotti di punta di casa Netflix che porta la firma di Darren Star: per la quarta stagione Roma è la coprotagonista in un valzer di luoghi senza tempo e stereotipi culturali. Lily Collins, nei panni di Emily Cooper, esperta di marketing e social media, in una tempesta di sentimenti e delusioni parte per la “città eterna” a caccia di emozioni, in una girandola di suggestioni cinematografiche che richiamano soprattutto “Vacanze romane” (anche se la serie ci scherza su e cita “Lizzie McGuire. Da liceale a popstar”). Racconto festoso per atmosfere sognanti e costumi ricercati, ma a latitare è la consistenza narrativa.
“Kostas” (Rai Uno – RaiPlay)
Dai più è stato accolto come il nuovo “Commissario Montalbano”, declinato con atmosfere greche. È “Kostas” serie Tv targata Palomar con Rai Fiction diretta da Milena Cocozza e tratta dai romanzi di Petros Markaris, in particolare “Ultime della Notte”, “Difesa a Zona” e “Si è suicidato il Che”, editi in Italia da La Nave di Teseo. Quattro prime serate su Rai Uno dal 12 settembre per un totale di 8 episodi già disponibili sulla piattaforma RaiPlay. Protagonista Stefano Fresi, nei panni del commissario ateniese Kostas Charitos, affiancato da Francesca Inaudi, Blu Yoshimi, Marco Palvetti, Michele Rosiello e Luigi Di Fiore.
La storia. Grecia 2009, Kostas Charitos è un commissario a capo della Sezione omicidi della Polizia di Atene. È sposato con Adriana e padre della ventenne Caterina. Le sue giornate si dividono tra i difficili casi di cronaca – immigrati clandestini, giornalisti uccisi, ex spie, ecc. – e dinamiche familiari che oscillano su tonalità tragicomiche. Da un lato c’è il rapporto con la moglie Adriana di grande complicità ma anche marcato da lampi di ironia frizzante (lei lo tormenta perché mangia male e troppo, mettendo a rischio la sua salute), dall’altro c’è l’apprensione per il futuro della figlia Caterina e i suoi legami sentimentali. A questo si aggiungono i chiaroscuri relativi a un rapporto paterno fumoso e irrisolto: suo padre Stefanos era infatti un poliziotto durante la dittatura dei colonnelli in Grecia e sulla sua carriera pesano ingombranti silenzi, colpe.
“La serie – ha raccontato la regista – è interamente ambientata e girata ad Atene, in un patto primigenio di sospensione dell’incredulità, per cui gli attori italiani interpretano e si muovono in un terreno linguistico differente da quello di appartenenza. Per far questo, ho cercato di legarmi il più possibile al territorio, restituendo le piccole caratteristiche che ho imparato a conoscere, le abitudini quotidiane, il modo di vivere la città, provando però a normalizzarle, a non renderle un vezzo esotico”.
A firmare il copione sono Salvatore De Mola, Pier Paolo Piciarelli, Michela Straniero e Valentina Alferj. La serie “Kostas” prende avvio con il passo giusto, nella logica del racconto Rai, coniugando linea giallo-poliziesca e commedia, giocata tra commissariato e casa. Un terreno consolidato per la Palomar, tenendo conto del modello de “Il commissario Montalbano”, ma non solo. A funzionare è soprattutto Stefano Fresi, che abita il personaggio di Kostas Charitos con le sue complessità e molteplici sfumature, portando note di giocosità, umanità ma anche lampi di ombrosità, dovuto a una conflittualità con la figura paterna.
Mantenere la cornice di Atene e della Grecia era necessario per rendere credibile l’adattamento dei romanzi di Markaris. Certo, si poteva intraprendere la strada percorsa dalla serie “Petra” (Sky) diretta da Maria Sole Tognazzi, adattamento dei romanzi della spagnola Alicia Giménez-Bartlett, racconti che ruotano sulle indagini dell’ispettore Petra Delicado originariamente ambientati a Barcellona ma per esigenze di copione traslati alla Genova dei nostri giorni. Un azzardo che per “Petra” ha funzionato.
La soluzione intrapresa per la serie “Kostas” è ugualmente valida, perché il mondo ateniese gioca un ruolo centrale nella logica del racconto ed eliminarlo sarebbe stato un errore; acuta è la scelta però di spostare il piano temporale al 2009, nell’orizzonte della crisi economico-sociale del Paese. Nel complesso notevole è lo sforzo narrativo della Palomar, anche se a ben vedere non tutto gira fluido; va comunque riconosciuto al lavoro una chiara qualità produttiva e di scrittura, oltre che recitativa. Probabilmente serve solo tempo, rodaggio, affinché si dimentichi l’espediente narrativo e ci si lasci conquistare dalla storia e dai personaggi. Serie consigliabile, problematica, per dibattiti.
“Emily in Paris” (Netflix)
È appena stata rilasciata su Netflix la quarta stagione di “Emily in Paris” e il colosso streaming si è subito affrettato a comunicare ai suoi abbonati che presto una quinta stagione verrà messa in produzione. Creata da Darren Star (tra i suoi successi “Beverly Hills 90210” e “Sex and the City”), la serie “Emily in Paris” è partita giocando sul canovaccio tra “Il diavolo veste Prada” (2006) e “Chiami il mio agente!” (dal 2015), trovando poi una sua “identità” fatta principalmente di glamour, moda e luoghi incantevoli di Parigi. Una rom-com, dove però la linea del racconto ha perso la sua ossatura narrativa stagione dopo stagione a favore di una dimensione visiva iper-seducente e accattivante.
Particolarità della quarta stagione è il cambio di location dalla capitale francese a Roma (con riprese a: Colosseo, Fontana di Trevi, Piazza di Spagna, Piazza Mattei, Largo Federico Fellini, Villa Borghese, Via del Teatro Marcello). Protagonista Lily Collins, affiancata da Philippine Leroy-Beaulieu, Lucas Bravo, Ashley Park, Camille Razat, Bruno Gouery e William Abadie. Tra i guest italiani Raoul Bova ed Eugenio Franceschini.
La storia. Emily Cooper lavora ormai stabilmente per l’Agence Grateau, nuova agenzia pubblicitaria fondata da Sylvie. Il cuore vive un’altalena emotiva, pensando sempre allo chef Gabriel. Tra loro questa volta è amore, ma le difficoltà non sono poche tra un lavoro pressante per entrambi e soprattutto un ex fidanzata incinta di lui. A tutto ciò si aggiunge il fascino di un imprenditore italiano che spinge Emily a lasciare Parigi per Roma…
“Ci sono molti rimandi cinematografici in questa quarta stagione girata a Roma. Ci siamo ispirati soprattutto ad Audrey Hepburn e al film ‘Vacanze romane’”. Sono le parole del creatore Darren Star. La sua intuizione è stata vincente, perché gli ultimi episodi girati nella “città eterna” funzionano per la magia paesaggistica e per tutti i richiami alla vita dolce nel Belpaese, tra cinema, moda e pagine di Storia. Il problema, però, è che il più delle volte il racconto è sbilanciato sulla cartolina, sui luoghi comuni che gli statunitensi percepiscono nei confronti dell’Italia a livello culinario, urbano o della moda. Vero che si tratta di una serie brillante, una rom-com un po’ slapstick, il cui obiettivo prioritario è regalare evasione e suggestioni di moda, ma qui inizia a latitare troppo il racconto, la sostanza narrativa, avvitata in una vertigine di ripetizioni stancanti (il triangolo amoroso di Emily e degli altri comprimari genera noia), rendendo il tutto un mix effervescente senza mordente, impalpabile. Un fuoco di artificio di colori luminosi, che però sbiadiscono rapidamente. E traccia non lasciano. Serie Tv consigliabile, semplice-superficiale.