Su Disney+ “Ms. Marvel” la prima eroina teen musulmana, su Sky il legal “The Staircase”
venerdì 10 Giugno 2022
Un articolo di:
Sergio Perugini
Sta facendo molto rumore, ma con note ultra-pop, la nuova miniserie “Ms. Marvel” Disney+. Nella cornice del Marvel Cinematic Universe, è la storia dell’adolescente Kamala Khan, statunitense di famiglia pachistana-musulmana che sogna gli eroi a stelle e strisce e frequenta i cosplay a tema. Tra le righe, però, si coglie di più, il sogno dell’integrazione e del riscatto. Altra novità della settimana, su Sky e Now, è il crime-legal drama “The Staircase. Una morte sospetta”, miniserie a marchio Hbo da un fatto di cronaca firmata Antonio Campos con Colin Firth e Toni Collette. Il punto Cnvf-Sir.
“Ms. Marvel” (Disney+, dall’8 giugno)
Due titoli bussola: “Sognando Beckham” (“Bend It Like Beckham”, 2002) e “Non ho mai…” (“Never Have I Ever”, dal 2020). Tracciati narrativi che ci aiutano a cogliere il fenomeno “Ms. Marvel”, miniserie Marvel-Disney ideata da Bisha K. Ali, che mette a tema i sogni e i tormenti di una giovane asiatica, naturalizzata in un Paese occidentale. Anzitutto in “Sognando Beckham” di Gurinder Chadha lo sfondo è quello della società inglese e la protagonista Jess (Parminder Nagra) è una ragazza indiana che i genitori vorrebbero sistemata in un buon matrimonio organizzato, mentre lei desidera mettere da parte gli abiti tradizionali e giocare a calcio, sulle orme del suo mito David Beckham. Un film apripista per i temi della vorticosa società globale. La seconda proposta, “Non ho mai…”, è una serie brillante “teen” targata Netflix e firmata dalla comica Mindy Kaling: è il percorso dell’adolescente Devi (Maitreyi Ramakrishnan), quindicenne di origini indiane che frequenta un liceo statunitense, alle prese con le fibrillazioni emotive e sentimentali tipiche dell’età, frenata dal rigido perimetro imposto dalla madre, appena rimasta vedova, preoccupata per l’eccessiva “contaminazione” culturale della figlia. La storia. Un ulteriore tassello lo pone ora “Ms. Marvel”, che ci presenta la vicenda della liceale Kamala (Iman Vellani), proveniente da una famiglia pachistana di religione musulmana, che fantastica sugli eroi della Marvel. Il suo personaggio preferito è proprio Captain Marvel/Carol Danvers, eroina femminile che ha salvato gli Avengers da morte certa per mano di Thanos. A lei Kamala guarda come modello di affermazione e libertà femminile, di successo e indipendenza. Vorrebbe prendere parte a un evento cosplay insieme al migliore emico Bruno (Matt Lintz), ma i genitori Muneeba e Yusuf (Zenobia Shroff e Mohan Kapur) si oppongono, in apprensione per i rischi che potrebbe correre e soprattutto per il paventato deragliamento morale. All’insaputa dei suoi cari, però, Kamala partecipa all’evento indossando il costume che si è cucita da sola; a questo aggiunge un grande bracciale dorato trovato in soffitta, che inaspettatamente rivela poteri speciali… E la storia sconfina nel fantastico.
Con “Ms. Marvel” la Disney centra più di un obiettivo. Anzitutto si assicura una linea di sviluppo del Marvel Cinematic Universe, uno spin-off che sfonda la barriera tra supereroi e lettori-spettatori: il passo tra la poltrona e la scena è compiuto. Ancora, nella cornice di un racconto di matrice fantastica, declinato con colori, atmosfere e dinamiche assolutamente pop (a cominciare dal brano-bandiera di The Weeknd, “Blinding Lights”), si registra un’incursione realistica nel mondo della società statunitense (e non solo), uno sguardo sulle dinamiche di integrazione e inclusione in un panorama ormai diffusamente multiculturale e multireligioso. A questo si lega il desiderio di una giovane musulmana di potersi comportare come i suoi pari, rispettando i valori familiari-identitari ma al contempo padrona di scegliere da sé il proprio presente-domani. Kamala sogna di essere libera, e di avere quella possibilità di poter indossare almeno per un giorno la maschera da eroe. Un sogno di spensieratezza. Al momento, dei 6 episodi ne è stato rilasciato solamente uno, ma possiamo affermare che la partenza di “Ms. Marvel” è di certo molto buona, intrigante e carica di valide premesse; un prodotto indirizzato a un pubblico adolescente e familiare. Attendiamo lo sviluppo. Serie consigliabile, semplice e adatta per dibattiti.
“The Staircase. Una morte sospetta” (Now-Sky, dall’8 giugno)
Cambio radicale di paradigma rispetto alla serie Disney+. Con “The Staircase. Una morte sospetta” entriamo infatti nel terreno del crime a sfondo familiare con sviluppi da serrato legal drama. Prodotta da Hbo, “The Staircase” (8 episodi da 60 minuti circa) prende le mosse da un fatto di cronaca avvenuto negli Stati Uniti e raccontato nella docuserie del francese Jean-Xavier de Lestrade nel 2004: il caso del romanziere Michael Peterson, accusato dell’omicidio della seconda moglie Kathleen nel 2001. A firmarla è lo statunitense Antonio Campos – sue sono le serie “The Sinner” (2017-18) e “The Punisher” (2017) –, che mette in racconto l’intricato giallo avvitato tra le aule di tribunale e i segreti di famiglia. Per dare risonanza e spessore alla storia si avvale poi di un cast di livello, a cominciare dal Premio Oscar Colin Firth, inappuntabile, affiancato dalla sempre sorprendente Toni Collette (le sue ultime interpretazioni “Nightmare Alley” e la serie “Frammenti di lei”), dal versatile Michael Stuhlbarg (“The Post” e la serie “Dopesick”) e dalle star in ascesa Sophie Turner (“Game of Thrones”) e Dane DeHaan (“ZeroZeroZero”). La storia. Durham, North Carolina anni Duemila, Michael Peterson è uno scrittore che sta correndo per un seggio politico locale. Accanto a lui, granitica, è la seconda moglie Kathleen, che lo supporta in tutta l’attività pubblica e al contempo cerca di portare avanti la sua carriera lavorativa in un’azienda dai ritmi pressanti. Intorno a loro i cinque figli Clayton, Todd, Caitlin, Margaret e Martha, avuti da precedenti matrimoni o adottati. Al termine di una serata in famiglia, mentre Michael si trova a bordo piscina, Kathleen cade rovinosamente per le scale di casa finendo in un lago di sangue. Quando l’uomo se ne accorge chiama subito i soccorsi al 911, ma la donna muore in breve tempo. Nello sconvolgimento che assale i Peterson, si levano– soprattutto nella famiglia di Kathleen – i primi sospetti che non sia stato un incidente e che lo scrittore ne sia il vero responsabile. Comincia una difficile partita legale, serrata e costosissima, amplificata dai media e al contempo dalla fuoriuscita di scomode verità.
Il binario narrativo è consolidato, ossia il thriller poliziesco che attiva una linea da legal drama, da dibattimento in corte, e al contempo squaderna un family drama puntellato da spine insidiose, da irrisolti nel passato di ciascun componente familiare. Qualche titolo esemplificativo: “Big Little Lies” (2017-19), “Your Honor” (2021), “The Undoing” (2021), “Omicidio a Easttown” (2021) e “Anatomia di uno scandalo” (2022). La particolarità di “The Staircase” è quella ovviamente di attingere a un fatto realmente accaduto che ha avuto una certa risonanza negli Stati Uniti, una linea di racconto che non si è esaurita dopo l’omonima docuserie. A imprimere forza attrattiva oltre al plot giallo, è di certo il cast di grande richiamo, che si mette in gioco con riuscite sfumature su un terreno enigmatico. L’andamento del racconto alterna ripetutamente più piani temporali: anzitutto dei flashback sulla vita di coppia dei Peterson prima dell’incidente, seguiti dagli eventi familiari-legali che si sono sviluppati dopo il ritrovamento di Kathleen esanime in casa; infine, flashforward, gli ultimi colpi di coda del lungo processo, anni dopo. In campo c’è l’accertamento della verità, chiamata a dipanarsi tra molteplici segreti. Al momento il racconto parte bene, compatto, scandito da una buona dinamica opportunamente intricata e fumosa, puntando a un rilascio graduale di colpi di scena nelle 8 puntate. Vediamo se l’impianto tiene in chiave originale e avvincente. “The Staircase” è di certo complessa, problematica e indicata per un pubblico adulto.