Il Leone d’Oro lo ha vinto nel 1998 per “Così ridevano” Gianni Amelio torna ora in Concorso alla Mostra del Cinema della Biennale di Venezia con “Il signore delle formiche”, racconto di taglio socio-culturale dell’Italia anni ’60 al tempo del processo Braibanti. Un’opera che dichiaratamente corre lungo il binario del cinema di impegno civile, esplorando un fatto storico e tracciando parallelismi con l’oggi. Protagonisti Luigi Lo Cascio, Elio Germano e Sara Serraiocco. È invece un thriller esistenziale dalle atmosfere hitchcockiane “The Eternal Daughter” diretto dalla britannica Joanna Hogg, che si avvale della doppia interpretazione di Tilda Swinton: impeccabile. Tra i produttori Martin Scorsese. Punto Cnvf-Sir dalla Mostra.
“Il signore delle formiche” – in Concorso
La filmografia di Gianni Amelio presenta una evidente linea di coerenza narrativa. Filo rosso del suo cinema è infatti un’attenzione alle tematiche storico-sociali, esplorando affanni dei migranti, fratture familiari e solitudini esistenziali. Tra i suoi titoli: “Lamerica” (1994), “Le chiavi di casa” (2004), “La stella che non c’è” (2006), “Il primo uomo” (2011) e “Hammamet” (2020). Più volte in gara a Venezia e già vincitore di un Leone d’oro, ha scelto di venire in Concorso a Venezia79 con “Il signore delle formiche”, che oltre a dirigere scrive in collaborazione con Edoardo Petti e Federico Fava.
La storia. Roma, metà anni ’60. Il drammaturgo Aldo Braibanti (Luigi Lo Cascio) viene accusato di plagio per aver condizionato a livello psicologico e fisico un giovane universitario, Ettore (Leonardo Maltese). A denunciare l’intellettuale è la famiglia del ragazzo, che lo ritiene responsabile del suo deragliamento; il giovane viene mandato in un ospedale psichiatrico dove è sottoposto a ripetuti elettroshock. Il caso giudiziario acquista grande risonanza pubblica, seguito tra gli altri dal giornalista Ennio (Elio Germano) del quotidiano “L’Unità”…
“Un film sulla violenza e l’ottusità della discriminazione”. Sono parole nette del regista Gianni Amelio, che attraverso il caso di Braibanti mette a tema le discriminazioni nell’Italia di ieri e di oggi, in particolare la condizione dell’omosessualità in famiglia e nella società. Indubbio pregio del racconto è la qualità della regia di Amelio, che compone quadri storico-sociali di grande nitidezza ed eleganza, attento a confrontare lo sfondo della provincia emiliana con quello della grande città, Roma. Al contempo, l’autore lavora in chiave introspettiva sui personaggi, nello specifico Aldo Braibanti, sua madre, il giovane Ettore, i familiari del ragazzo, come pure il giornalista Ennio e la cugina-attivista Graziella (Sara Serraiocco). E proprio in una manifestazione di protesta fuori dal tribunale, mentre Graziella urla tutto il suo sconcerto per l’accusa a Braibanti, collegando il reato di plagio alla discriminazione omosessuale, Amelio inquadra il volto di Emma Bonino oggi, come emblema di tante battaglie. Con questo il regista chiarisce il perimetro del suo sguardo e della sua narrazione.
Se apprezzabili sono le istanze di Amelio nel voler riportare all’attenzione un caso giudiziario dell’Italia di ieri, dove si era consumato un acceso scontro morale, meno condivisibile risulta l’impostazione narrativa, che tende a sbilanciarsi in un racconto a tesi. Amelio sembra prediligere le sfumature del bianco e nero: rafforzando la carica argomentativa di Aldo Braibanti, che trova eco nelle posizioni del giornalista Ennio, schiaccia e riduce a banale stereotipo le dichiarazioni della famiglia, dei giudici, e in generale di tutte le voci critiche.Qesto purtroppo indebolisce la carica del racconto.
Nel complesso, Gianni Amelio si conferma un grande autore, cantore degli emarginati e dei dimenticati. Forse nel film “Il signore delle formiche” l’emotività prende il sopravvento sul rigore della narrazione, lasciando emergere uno sguardo abbastanza parziale. Complesso, problematico, per dibattiti.
“The Eternal Daughter” – fuori Concorso
A lasciare il segno è soprattutto la performance di Tilda Swinton, che si cimenta in un doppio ruolo da protagonista. Parliamo di “The Eternal Daughter”, film scritto e diretto dalla britannica Joanna Hogg, che vede tra i produttori un nome di peso di Hollywood: Martin Scorsese.
La storia. Inghilterra, oggi. Una regista cinematografica (Tilda Swinton) si reca insieme all’anziana madre (Tilda Swinton) in un hotel nella campagna britannica; tra castello e antica dimora, il luogo appare alquanto spettrale. Sembra che non ci siano ospiti, a eccezione delle due donne e dell’addetta alla reception. Seppur sospettose, madre e figlia trascorrono le giornate scambiandosi ricordi, tenerezze e confidenze. La dimora, in verità, era l’antica residenza di famiglia poi dismessa…
Sulle rotte del cinema di Alfred Hitchcock, tra mistero e thriller esistenziale, si muove “The Eternal Daughter”. La regista Hogg costruisce un racconto fumoso e spettrale, che conserva una sapiente ambiguità sino alla fine, alle battute conclusive. Un mistery dell’anima che utilizza la grande dimora come specchio riflettente dei traumi e rimossi personali della protagonista, la sua incapacità a distaccarsi dalla madre, dalla condizione di figlia. La Swinton convince e affascina nel doppio ruolo, muovendosi su un tracciato preciso e prudente, non lasciando mai intendere allo spettatore le svolte emotive o narrative della storia. Una performance acuta e raffinata, perfettamente in linea con la filmografia dell’artista.
Sottraendosi alla facile etichettatura del film di genere, ma rivelando una stratificazione stilistico-narrativa inattesa, il film “The Eternal Daughter” è un giallo psicologico originale di taglio classico. Consigliabile, problematico, per dibattiti.
La nota critica di Massimo Giraldi, presidente Cnvf – Giuria Signis
“Ancora una volta Gianni Amelio si conferma autore di spiccata sensibilità, riuscendo a trattare con dolcezza un argomento difficile e spinoso: il processo ad Aldo Braibanti. Anche se non sempre tutto è a fuoco, e se la narrazione non appare del tutto risolta, il regista disegna comunque personaggi a tutto tondo, lasciando emergere tormenti e sofferenze. Amelio ci restituisce così il quadro di un’Italia fratturata sulla soglia degli anni ’70, un decennio che si rivelerà ulteriormente divisivo. Diverso è il cinema di Joanna Hogg, che con il suo ‘The Eternal Daughter’ rende omaggio a Hitchcock ma al contempo si distingue per originalità nel cinema britannico contemporaneo. Un film insolito e dal sapore rétro, che affascina e conquista, soprattutto per la prova maiuscola della Swinton”.